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Ansia

Cos’è l’ansia?

La definizione di Ansia, nella sua accezione medica e psicologica, del dizionario online treccani.it recita: “il particolare stato d’incertezza e di timore, che può riguardare specifici oggetti o eventi oppure non averne alcuno di riconoscibile, e che può essere accompagnato nei casi più gravi da disturbi vasomotori e da penose sensazioni viscerali (costrizione toracica e laringea, ecc.).”
Diverse ricerche poi concordano su una maggior incidenza nella popolazione femminile rispetto a quella maschile (rapporto 2:1).

Beh condividiamo questa definizione letterale del termine, ci sembra però che ai più una tale sintesi, per quanto stilisticamente ineccepibile, possa dare la sensazione che l’ansia sia un problema sempre e comunque, ed invece non è così.
Si rischia di non rendere giustizia al ruolo di grande importanza che ha sempre rivestito per la sopravvivenza della specie umana.
Si avete capito bene, dobbiamo anche all’ansia se la nostra specie esiste ancora!

Perché provo ansia?

In un soggetto sano l’ansia rappresenta il “sistema di allarme” che l’uomo ha messo a punto in millenni di evoluzione, e che consente di essere vigili e pronti a scappare o difendersi da un potenziale pericolo. I più attenti sanno che quando si è in ansia, il battito cardiaco e la frequenza della respirazione aumentano, si avverte cioè una sensazione di allerta e paura, per niente piacevole; ciò di cui spesso non si ha consapevolezza è che il corpo in quel momento è pronto a reagire. Non si è preparato a soccombere ma a combattere o fuggire.
In una ipotetica lotta, fuga, o problema da affrontare, sarà sempre quello “meglio ansioso e preoccupato” ad avere più chance di farcela.

Essere in allerta è di vitale importanza

Quando l’ansia diventa un problema?

Come sempre accade per i fatti psichici, ciò che sancisce la differenza tra accettabile e patologico è “quanto” e non “quale”. Avere le mani sudate o essere preoccupati prima di un evento importante è accettabile e sano, essere angosciati per periodi piuttosto lunghi quando la causa scatenante non sembra proporzionata, lo è meno; sentirsi soffocare o avere i battiti cardiaci a duecento senza motivo apparente, o per un evento di poco conto, non lo è per niente. Eppure è pur sempre ansia.

Stiamo dicendo che per decidere se è il caso di preoccuparsi o meno, è necessario contestualizzare l’ansia provata nell’ambito della fase di vita che si sta attraversando, delle cause scatenanti, della sua persistenza, della sua durata e della sua intensità.

Quali sono i sintomi dell’ansia patologica?

Il Disturbo d’ansia può assumere diverse connotazioni e può incidere sulla qualità di vita della persona che ne è affetta su vari aspetti.

Sintomi fisici

I sintomi fisici sono senz’altro quelli più facili da riconoscere; è possibile rilevare una sudorazione copiosa, reazioni continue di allerta, nausea e vomito con conseguente inappetenza. Durante una Crisi d’ansia appaiono una sensazione di restringimento della gola e respiro affannato con senso di soffocamento, pressione al torace e battito cardiaco accelerato con possibili palpitazioni; la paura di morire in questi momenti è davvero agghiacciante. In altri casi la pressione cardiaca può variare improvvisamente, si presentano dolori addominali, problemi intestinali e più spesso insonnia.

Sintomi del comportamento

A livello comportamentale emerge una decisa polarizzazione: la persona può risultare o fortemente inibita, con un linguaggio difficoltoso e/o immobilità nel tono muscolare, oppure decisamente iperattiva, con tendenza all’evitamento e fuga da situazioni avvertite immotivatamente come pericolose.

Sintomi cognitivi

Chi presenta un profilo comportamentale di iperattività, a livello cognitivo risulta più vigile e reattivo. In caso contrario risultano inibite le capacità attentive e quelle di concentrazione.

Qual è la causa?

Forse sarebbe più giusto chiedersi quali siano le cause.

Sono infatti certamente più di una, e per conoscerle tutte dovremmo interrogare la genetica, per sapere di eventuali predisposizioni ereditarie; e poi chiedere alla neuro-fisiologia di spiegarci delle aree cerebrali e dei neurotrasmettitori coinvolti. Ed infine, ma non per ultimo, occorre considerare le dinamiche psicologiche che sottendono a questo meccanismo tanto prezioso.

Sarebbe una disquisizione lunga e, per i più, di difficile comprensione; lasciamo alle diverse branche della medicina occuparsi di genetica e neuro-fisiologia, e ci concentriamo sugli aspetti psicologici certamente congeniali alla nostra formazione ed alla nostra esperienza.

Le cause psicologiche dell’ansia

La Psicanalisi ritiene si tratti di una risposta messa in atto quando l’Io avverte un aumento di tensione che minaccia il proprio equilibrio. Si concepisce cioè il sistema psichico umano come una gara di tiro alla fune. Da un lato ci sono i nostri desideri più profondi, i nostri istinti, la nostra essenza più primitiva, cioè l’ES. Dall’altra invece, la morale, le regole sociali e familiari che abbiamo interiorizzato; cioè quella parte di noi che spinge per adeguarsi alle aspettative che la realtà circostante nutre nei nostri confronti, e questo è il SUPER-IO. Ora immaginate di essere al centro tra le due squadre, di tenere in ognuna delle mani una fune, e di sforzarvi di mantenere il tutto in perfetto equilibrio; ecco questo è l’IO. Il suo ruolo è quello di mediare tra le due istanze; far sì che nessuna delle due prevarichi sull’altra.
L’IO in teoria ha tutte le risorse per farcela; a volte accade però che in particolari momenti della vita, o quando si hanno alle spalle vicissitudini e storie di un certo tipo, l’IO sia più debole e possa soccombere allo scontro tra esigenze interne e richieste esterne.

Come si cura?

Come abbiamo già visto, i disturbi d’ansia spesso non hanno un oggetto scatenante esterno e concreto, ed il più delle volte non sono prevedibili; la causa risiede quindi nel conflitto inconscio tra ES e SUPER-IO, ed in quanto tale un lavoro efficace deve necessariamente agire sulla risoluzione del conflitto.
Si tratta di iniziare una psicoterapia ad orientamento psicoanalitico che aiuti a ritrovare l’equilibrio, che sostenga l’IO nel faticoso lavoro di mediazione tra “ciò che sono” e “ciò che devo essere”.
Ad onore del vero, bisogna anche dire che possono tornare utili anche altri approcci di cura, come la terapia farmacologica o la psicoterapia cognitivo-comportamentale; quest’ultimo trova la sua efficacia nel fornire alla persona strategie e strumenti che insegnino a gestire l’ansia. Il fine è quello di tenerla sotto controllo, per evitare che diventi critica. La farmacologia invece è utile nel dare sollievo mediante supporto biochimico; nelle situazioni in cui l’ansia diventa troppo intensa e prolungata nel tempo, si rende necessario l’utilizzo di uno dei tanti principi attivi in commercio utili allo scopo.

A nostro avviso, sono tutti approcci validi, dipendentemente dall’ obiettivo che si vuole raggiungere e dalle risorse che la persona ha: gestire o risolvere? Confrontarsi con la causa e cambiare o concentrarsi sugli effetti? Nelle situazioni più compromesse, la soluzione migliore è sempre un approccio multidisciplinare che attacchi il problema su più fronti.
A ciascuno la scelta che ritiene più opportuna.

Dr. Angelo Cirillo
Psicologo Psicoterapeuta

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